quinta-feira, dezembro 03, 2009

Dante, sesso e poesia Tutto il mondo di Paul Auster


Dante, sesso e poesia Tutto il mondo di Paul Austerdi



La prima volta che gli strinsi la mano fu nella primavera del 1967. Ai tempi frequentavo il secondo anno di università alla Columbia: ero un ragazzo ignorante e affamato di libri che coltivava la fede (o l’illusione) di diventare un giorno così bravo da potersi definire un poeta; e da lettore di poesia, avevo già incontrato il suo omonimo nell’Inferno di Dante, un dannato che si trascina nei versi finali del canto XXVIII della prima Cantica. Bertran de Born, il poeta provenzale del XII secolo, tiene per i capelli la propria testa recisa che ondeggia avanti e indietro come una lucerna: senz’altro una delle immagini più grottesche nel catalogo di allucinazioni e supplizi che si sussegue per tutto l’Inferno. Benché fosse convinto estimatore della poesia di de Born, Dante lo condannò alla dannazione eterna per aver consigliato il principe Enrico di ribellarsi a suo padre, Re Enrico II; e dato che de Born aveva provocato una divisione fra padre e figlio rendendoli nemici, l’ingegnosa pena dantesca è dividere de Born da se stesso. Da qui il corpo decapitato che si lamenta nel mondo sotterraneo, chiedendo al viaggiatore fiorentino se può esistere dolore più tremendo del suo. Quando si presentò come Rudolf Born, i miei pensieri andarono subito al poeta. Per caso lei è parente di Bertran? gli chiesi. Ah, mi rispose, quella disgraziata creatura che perse la testa. Può darsi, ma temo sia improbabile. Manca il de. Per averlo bisogna far parte della nobiltà, e la triste verità è che io sono tutt’altro che nobile.

Non ricordo perché mi trovassi lì. Qualcuno doveva avermi chiesto di accompagnarlo, ma chi fosse quel qualcunomi è svanito da tempo dalla mente.

Nonricordonemmenodove si tenesse la festa – in periferia o in centro, in un appartamento o in un loft – e per la verità neanche il motivo per cui avevo accettato l’invito, dato che all’epoca tendevo a evitare le occasioni mondane, respinto dal baccano del chiacchiericcio generale, imbarazzato dalla timidezza che mi dominava in presenza degli sconosciuti. Ma quella sera, chissà come mai, dissi di sì e seguii il mio amico dimenticato nel luogo, qualunque fosse, dove mi portò. Ricordo invece questo: che a un certo punto della serata mi ritrovai solo, in piedi, in un angolo della stanza. Fumavo una sigaretta e guardavo gli invitati, decine e decine di giovani corpi ammassati nei limiti di quello spazio, ascoltavo il clamore misto di parole e risa, chiedendomi che diavolo ci stavo a fare lì, e pensai che forse era ora di andarsene. Sul calorifero alla mia sinistra era appoggiato un portacenere, e quando mi voltai per spegnere la sigaretta vidi che il ricettacolo colmo di cicche si stava alzando verso di meretto nel palmo della manodi un uomo. Poco prima, senza che me ne accorgessi, si erano sedute sul calorifero due persone: un uomo e una donna, entrambi più grandi di me, anzi senz’altro più vecchi di tutti gli altri presenti nella sala: lui sui trentacinque anni, lei attorno alla trentina. Sembravanouna coppiaunpo’ incongrua, Born con un vestito di lino bianco stropicciato e anche piuttosto sudicio, e la donna (che risultò poi chiamarsi Margot) tutta in nero.

Quando lo ringraziai per il portacenere, lui mi fece un breve cenno di cortesia e disse Le pare con una minima traccia di accento straniero. Francese o tedesco, non avrei saputo decidere, perché parlavauninglese quasi impeccabile. Cos’altro notai in quei primi momenti? Carnagione pallida, capelli rossicci e spettinati (tagliati più corti della maggioranza degli uomini dell’epoca), unabella faccia larga senza tratti caratteristici (una faccia, per così dire, generica, una faccia che in mezzo a qualsiasi folla sarebbe diventata invisibile), e due occhi castani, fermi, gli occhi indagatori di un uomo che sembrava non avere paura di niente. Né magro né grasso, né alto né basso, ma in tutto ciò una sensazione di forza fisica, forse dovuta alle mani poderose. Quanto a Margot, stava seduta senza muovere un muscolo, gli occhi fissi nello spaziocome se la sua missione principale nella vita fosse apparire annoiata. Però affascinante, molto affascinante per un ventenne come me, con i capelli neri, la dolcevita nera, la minigonna nera, gli stivali di pelle nera e il trucco pesante nero attorno ai grandi occhi verdi. Non una bellezza, forse,maunsimulacro della bellezza, come se lo stile e la raffinatezza del suo aspetto incarnassero una sorta di ideale femminile dell’epoca.

Born dichiarò che lui e Margot erano stati lì lì per andarsene, ma poi mi avevano visto lì, in piedi da solo in un angolo, e dato che avevo un’aria così infelice avevano deciso di avvicinarsi e tirarmi un po’ su... tanto per essere sicuri che non mi tagliassi le vene prima della fine della serata. Non avevo idea di come interpretare la battuta. Quest’uomo mi sta insultando, mi chiesi, oppure cerca davvero di mostrarsi gentile con unragazzo sconosciuto, avendolo visto a disagio? Di per sé le parole avevano un carattere abbastanza scherzoso, disarmante, ma lo sguardo di Born mentre le pronunciava era freddo e distaccato, e non potei fare a meno di sentire che mi stava sondando, mi provocava per ragioni che proprio non capivo. Scrollai le spalle, gli feci un sorrisetto e ribattei: Che ci creda o no, non mi sono mai divertito tanto in vita mia. Fu allora che si alzò, mi porse la manoe mi disse il suo nome.Dopo la mia domanda su Bertran de Bornmipresentò a Margot, la qualemi sorrise in silenzio e tornò alla sua occupazione di fissare gli occhi nel vuoto. A giudicare dalla sua età, disse Born, e dalla sua conoscenza di poeti poco noti, direi che è uno studente. Di lettere, senz’altro. NYU o Columbia? Columbia. Columbia, sospirò lui. Che posto triste. La conosce? Insegno lì da settembre, alla Scuola di Affari Internazionali. Professore in visita con incarico annuale. Per fortuna ormai è aprile, e fra due mesi me ne tornerò a Parigi.

(c. 2009, Paul Auster per gentile concessione di Luigi Bernabò Associates)
03 dicembre 2009
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FONTE (foto incluída): L'Unità

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