segunda-feira, abril 14, 2008

Ha un verso erotico l'America puritana


Dalla Dickinson a Updike, i poeti tra sesso e trasgressione
CLAUDIO GORLIER
L’America è davvero puritana? Nessuno si azzarderà mai a negare questa faccia degli Stati Uniti. Però, osserviamo il rovescio della medaglia, e approfittiamo di un volume da poco uscito: l’antologia The Best American Erotic Poems. From 1800 to the Present, a cura di David Lehman (Scribner, 300 pagine, 30 dollari). Scopriremo il vasto territorio dell’erotismo nella poesia americana, nelle sue mille facce, dall’Ottocento a oggi.

Il più sottile, il più provocante è quello sommerso, indiretto, allusivo. Un inizio quasi d’obbligo è una breve poesia di Emily Dickinson. Della grande poetessa è stato scritto fino alla noia che era una solitaria zitella, con poche amicizie, quasi sempre in casa nella cittadina di Amherst, nel Massachusetts. Amore manco a parlarne. Ebbene, prendete questi dodici versi che iniziano con «Notti selvagge! Notti selvagge!» ed esaltano «la nostra lussuria». Un materiale a disposizione di Freud e di Jung, oltre che un vertice assoluto di intensità poetica.

Walt Whitman, altro classico americano, si rifugia più direttamente nell’ambiguità, lui che era omosessuale, o meglio bisessuale, ma non poteva certo fare ostentata professione delle sue scelte erotiche. Nella galleria dei classici americani, Whitman viene celebrato per la sua intensità sia lirica sia epica, per l’esaltazione dei grandi valori, della vitalità del suo popolo. Ogni tanto, però, si rifugia nell’allusione, nel privato più intimo. Il corpo assume una valenza decisiva, ai confini del morboso, dell’angoscia. Così, lui creatore di complessi affreschi, inventa componimenti brevi, quasi frenetici. Eccone uno del 1860, O Hymen! O Hymenea! dove il verso è letteralmente percorso dal fremito di un atto sessuale ambivalente, dalla tentazione così ossessionante che potrebbe quasi uccidere. «Perché mi tormenti così?». Raramente l’amore carnale ha trovato una simile, travolgente rappresentazione.

A cavallo del secolo, con Edward G. Robinson, l’amore di coppia trova un’espressione emblematica in un poemetto divenuto ormai un classico, Eros Tyrannos. Qui il rapporto erotico acquista una dimensione quasi mitica, e lo ribadisce il titolo in greco. Siamo ancora in un periodo nel quale il poeta americano tende a trasfigurare la pratica erotica e insieme a nobilitarla: il rapporto tra donna e uomo possiede «un senso di oceano e di vecchi alberi». È paesaggio, dominato dalla divinità imperiosa di un dio che si impone, appunto, come un dominatore, un tiranno.

Mi permetto di andare oltre i testi usati dal curatore dell’antologia, e suggerire la sottile maestria di un altro cruciale poeta del Novecento, William Carlos Williams, per sottolineare nuovamente l’inclinazione a rappresentare l’eros attraverso il simbolo quasi naturale. La sua Il merletto della Regina Anna rappresenta il corpo nudo e desiderabile della donna con una serie di referenti floreali, multicolori. Un altro grande del Novecento, Wallace Stevens, il poeta intellettuale per eccellenza, unisce erotico ed esotico nella breve Il desiderio di fare l’amore in una pagoda.

Le generazioni più recenti sono diventate al tempo stesso più esplicite e più ironiche: tra di loro si notano parecchie donne. Si moltiplicano le poesie anti-eroiche, gremite di tentativi a vuoto, di fallimenti sessuali. J. A. Essbaum si diverte a rappresentare la donna in mutandine mentre l’uomo, anziché lei, concupisce la sua Volvo. Ma le sorprese, sotto questo profilo, arrivano da scrittori e poeti affermati e talora persino seriosi. Gli salta la censura, per rimanere nella psicanalisi. Ecco il caso, addirittura, di John Updike, il quale si concede una fulminea e trasgressiva Fellatio, con i notturni amori di banali segretarie. Ma nessuno si aspetterebbe - e non c’è nell’antologia, ma l’ho scelta io - una brevissima poesia, due versi, di uno dei giganti del Novecento, W. H. Auden, che più serio non si può: «Post coitum homo tristis / Sciocchezze! Se potesse / canterebbe». L’eros non ha confini.

FONTE (photo include): La Stampa - Torino,Piemonte,Italy

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